CHISTINE
Ogni mattina la signora Christine è puntuale al suo appuntamento: quando manca un quarto d’ora alle sei è fuori dalla porta della cattedrale e quando finalmente aprono le porte è la prima ad entrare. Si toglie le ciabatte (realizzate con la gomma dei copertoni delle biciclette o delle auto) in segno di rispetto per un luogo sacro e, a piedi scalzi, si siede al suo posto preferito fino a quando è ora di tornare a casa.
È una donna magra, alta e solenne nel suo portamento, come si conviene ad una donna della sua età. Il passo lento e incerto tradisce la precarietà della sua salute, ma incredibilmente fa chilometri di strada a piedi per venire a pregare e con qualunque tempo atmosferico. Ha un viso dolce, scavato da tante rughe, quanti sono i suoi molti anni.
La messa inizia alle sette e ha quindi il tempo parlare con Dio dei suoi figli, dei nipoti, dei preti della diocesi, della gente della parrocchia e specialmente dei poveri che visita appena la salute glielo permette.
Molto del suo amore e della sua preghiera sono rivolti ai preti: ha un figlio e un nipote prete e, come dice sempre lei, credere in certi valori e viverli sono due cose che possono essere molto diverse. Quindi ha deciso di essere un “Mosè orante” per intercedere per tutti quelli che fanno scelte coraggiose.
Alla fine della messa mi aggiorna brevemente sui poveri e il suo volto si illumina. Poi si rattrista appena inizia a sgranare il rosario delle loro disgrazie: “Sister, devi venire a vedere con i tuoi occhi” e, quando la rassicuro che un giorno andremo insieme a fare un giro, prega serena e inizia a pensare che forse troveremo una qualche miracolosa soluzione anche per loro.